Sembra che in Abruzzo 700.000 persone abbiano bevuto per anni acqua inquinata, senza saperlo. Risale al 2007 la chiusura di alcuni pozzi contaminati, mentre è recente la scoperta di una grossa discarica abusiva a Bussi che avrebbe contribuito all’inquinamento delle falde dalle quali i pozzi emungono l’acqua da destinare agli usi potabili.
Le notizie di questi giorni, sia quelle sulla carta stampata sia quelle sul web, continuano a focalizzare l’attenzione sulle analisi condotte nel 2007, dalle quali si dimostra come l’acqua sia “contaminata da sostanze di accertata tossicità“ ed esista dunque, “un pericolo reale e concreto per la salute“, senza che ci sia stata alcuna “informazione rispetto ai potenziali rischi per la salute associati al consumo di tali acque“, precludendo così ai consumatori la possibilità di adottare misure specifiche di prevenzione e mitigazione dei rischi.
In merito a questi accadimenti, anche sollecitato da mail di richiesta di chiarimenti da parte di alcuni cittadini abruzzesi, evidentemente interessati in prima persona dei fatti, mi sento di dover ricordare una cosa, tanto semplice quanto fondamentale: i rapporti di analisi dell’acqua potabile.
Ho detto acqua potabile, ovvero quella che è passata attraverso l’acquedotto e che viene distribuita in rete, non quella della falda contaminata. Questa differenza è importante perché quella che interessa al cittadino è la qualità dell’acqua al punto in cui viene erogata, ovvero il rubinetto e questa è un’informazione che si può avere con facilità. I dati sulle caratteristiche dell’acqua destinata al consumo umano sono in possesso non solo del gestore d’acquedotto, ma anche degli enti esterni (ARPA) che, per legge, effettuano i controlli periodici nei vari punti di campionamento. Questi dati sono disponibili, quindi sapere cosa i cittadini hanno bevuto in questi anni è semplice, basta richiedere queste informazioni (dal 2007 ad oggi) agli enti preposti, che sono tenuti a darle. I parametri di qualità dell’acqua, per essere giudicata potabile, devono soddisfare quanto previsto dal Decreto Legislativo 31/2001, compresi gli eventuali provvedimenti di deroga. Nel casi limite la legge prevede infatti che la Regione o la Provincia autonoma possa stabilire deroghe ai valori di parametro entro i valori massimi ammissibili stabiliti dal Ministero della sanità, con decreto da adottare di concerto con il Ministero dell’ambiente, purché nessuna deroga presenti potenziale pericolo per la salute umana e sempre che l’approvvigionamento di acque destinate al consumo umano conformi ai valori di parametro non possa essere assicurato con nessun altro mezzo congruo. I provvedimenti di deroga vengono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale, pertanto anche di questi c’è chiara traccia della qualità dell’acqua.
Si parta quindi dai dati immediatamente disponibili e certi, dalle analisi, e si facciano le considerazioni del caso, questo è un consiglio rivolto a tutti i cittadini, alle associazioni, alle istituzioni e agli organi di informazione che si stanno occupando del caso.
Dott. Giorgio TEMPORELLI
Aprile 2014